Le antiche cronache attribuiscono la fondazione della chiesa e del monastero a Bertario, monaco bresciano che sarebbe stato discepolo di S.Giovanni Gualaberto, fondatore dell’ordine Vallombrosano. Pergamene del 1107 documentano i primi acquisti di terre per l’edificazione del monastero. In quell'anno Pietro Giovanni Celsonis, di Bergamo, vende a Bonifacio orafo della stessa città per 15 libre d’argento un pezzo di terra vitata e campiva in Astino. Nell’atto è espressamente detto che la terra è destinata alla costruzione del monastero.
In Astino è documentata l’esistenza di un “ospedale e consorzio di S. Sepolcro d’Astino”. In questa istituzione il monastero versa i redditi derivati dalla gestione di beni ed elemosine per la cura e il sostentamento dei malati e di coloro che vivono in povertà.
Guala,domenicano bergamasco, legato apostolico e vescovo di Brescia, deposita a Bergamo i titoli e gli strumenti giuridici della sua diocesi. Questo atto, strumentalizzato da oppositori, gli costa l’esilio. Sceglie Astino e l’abate Alessandro fa costruire sul lato di levante del chiostro, alcune stanze e una cappella a suo uso.
L’annessione della bergamasca al dominio veneto, sancita con la pace di Ferrara del 1428, aprì una nuova fase storica e costituì la premessa politica per la totale revisione delle istituzioni politiche e religiose, con riflessi anche sulla vita claustrale. Se da un lato la Repubblica di Venezia utilizzò la commenda per premiare i suoi fedeli, in massima parte guelfi, dall’altro provvide, tramite il podestà di Bergamo Marco Giustiniani, alla nomina di una commissione, con pieni poteri, per la “revisione, reparazione et provvigione delle chiese, monasteri et abbatie”. La commissione venne nominata il 14 settembre 1429 con l’incarico di operare in pieno accordo con i superiori delle case religiose per il pieno recupero delle stesse.
E' il secolo del grande rinnovamento del Monastero, si completano l'ala est, le sale interne dell'ala sud e si costruisce la torre angolare. Sopra la cappella del Beato Guala, trasformata in camerlingheria, l’abate Calisto Solari fa costruire a Zuanantonio Defendini e ai suoi figli la colombaia. Il campanile della chiesa viene spostato lateralmente sul fianco sud rispetto alla sede primitiva al centro del presbiterio. Nel frattempo prosegue la costruzione della torre e del muro esterno verso la porta principale del convento fino al cordolo.
A completamento del chiostro, si pone la prima pietra del porticato sul lato di mezzogiorno; proseguono i lavori di completamento della torre. I monaci intraprendono molte opere di miglioria nei terreni della Valle d’Astino, nonostante il periodo sia travagliato da carestie che culminano nella tremenda pestilenza del 1630. Soccombono al contagio quasi tutti i contadini della Val d’Astino (di 40 ne restano 3) e gran parte dei monaci.
Nel 1705, demolita perché insufficiente alle esigenze di culto l’antica cappella del S.Sepolcro, risalente alla seconda metà del ‘400, si dà inizio alla sua rifabbrica con un nuovo disegno. La repubblica di Venezia promulga la legge sulla riforma dei regolari. Per il monastero di Astino significa, dopo 7 secoli di unione, la separazione dalla Congregazione di Vallombrosa, dalle sue radici storiche e culturali tenacemente difese, pur nelle alterne vicende.
Il monastero di Astino,congiuntamente a quello di S.Paolo d’Argon,viene soppresso e per prescrizione di Napoleone Bonaparte,con l’approvazione della municipalità,i felativi beni vengono assegnati all’Ospedale Civile di Bergamo. Nella notifica all’amministrazione dell’Ospedale dei fondi e dei beni dei monasteri soppressi di S.Paolo d’Argon e di Astino si specifica che l’Ospedale si assume l’aggravio del mantenimento della chiesa di Astino.
Il governo della Lombardia decreta il trasferimento dei malati di mente dalla Maddalena ad Astino. La realizzazione del delicato intervento sul monastero, sostanzialmente rispettoso della sua struttura, è completata entro tempi brevi. Astino riprende nuovamente contatto con la vita della città il 7 novembre 1832, accogliendo 195 malati.
L’ex monastero adibito ad Ospedale per i pazzi, i giardini annessi e la chiesa sono acquistati dalla Provincia, (che li cederà nuovamente all’Ospedale Maggiore nel 1896), per 40000 lire. Nell’atto l’Ospedale si impegna a cedere entro 2 anni tutti quei terreni e fabbricati adiacenti al monastero che risultassero utili per un ampliamento della struttura ospedaliera. La Provincia subentra all’Ospedale nei diritti e doveri per l’esercizio del culto nella chiesa. Nel 1892 entra in funzione l’Ospedale Psichiatrico. L’ex monastero, tranne le cantine e i vasi vinari, risulta inutilizzato.
L’ex monastero di Astino viene inserito nell’elenco degli edifici monumentali ai sensi della Legge n.364 del 20- 6-1909, con notifica del Ministero dell’Istruzione Pubblica. Tutto il complesso viene affittato per usi agricoli. Nel 1977, con la Legge istitutiva del Parco Regionale dei Colli di Bergamo m. 36/1977 la Valle di Astino entra a far parte di questo contesto territoriale e sottoposta alla normativa di salvaguardia prevista in attesa del Piano Territoriale del Parco.
La Fondazione MIA dà il via al recupero del Monastero di Astino, avviando un percorso di ricerca, analisi, condivisione e passione per la valorizzazione di un luogo che è identità e memoria.
Vengono completati i lavori di ristrutturazione e recupero del Monastero, che viene riaperto in occasione di Expo 2015.
In breve tempo il monastero si radicò nel territorio bergamasco ampliando notevolmente le sue proprietà fondiarie che spaziavano dalla pianura a sud-ovest della città all’Alta Val Brembana e alla Val Seriana con l’insediamento di molteplici attività agricole e minerarie.
Il rigore morale dei monaci di Astino trovò affinità, nella prima metà del Duecento, con il nascente Ordine domenicano, un esponente del quale, Guala de’ Roniis, discepolo diretto di San Domenico e vescovo di Brescia, nel 1239 scelse il monastero di Astino come luogo di rifugio e di preghiera durante il suo esilio dal vescovato, nonché di sepoltura: fu accolto in un ‘palatium’ edificato appositamente all’interno del monastero, tuttora esistente e poi abitato da un altro domenicano, il vescovo Algisio da Rosciate.
Dall’inizio del Trecento la fioritura spirituale ed economica del cenobio entrò in una fase di declino per risollevarsi nella seconda metà del Quattrocento con l’impulso dato dall’abate Silvestro de’ Benedictis, di cui è conservata in chiesa la bella lapide funeraria.
Il monastero, entrato ufficialmente a far parte della Congregazione dell’Osservanza Vallombrosana nel 1493, fu oggetto di una completa ricostruzione a partire dal 1515. Le precedenti strutture del cenobio, risalenti in parte all’epoca romanica e al XV secolo, furono progressivamente demolite per far posto a un imponente edificio con torrione angolare, esemplato sul modello della casa-madre dell’Ordine a Vallombrosa.