Scoprire qualcosa di Bergamo Alta da un particolare punto di Vista
Venerdì 26 gennaio 2018 Ore 15.30
Curia Vescovile - Salone S. Giovanni XXIII
Dalla primitiva ipotetica abitazione accanto alla cattedrale di S. Vincenzo, la residenza del vescovo diventa la domus S.ti Vincentii, da una data imprecisabile e fino al 1296, si affianaca la domus S.ti Alexandri che poi, andata distrutta la domus S.ti Vincenti, diventa la casa del vescovo fino all'inizio del XX secolo.
Dall'anno 1905 il nuovo ed attuale episcopio domina dall'alto del versante orientale del colle di S. Salvatore.
Nell'ambito della casa del vescovo, antica ed attuale, si inseriscono realtà ad essa legate come la Cappella di S. Croce, la perduta chiesa di S. Biagio, l'antico acquedotto cittadino, le scuderie ed i vecchi confini.
Alla casa del vescovo si collegano pertinenze quali la Basilica di S. Maria Maggiore, la Cappella Colleoni, il Battistero, il passaggio coperto Patirani e le strutture comunali.
Nel quadro globale delle vicende storiche della Chiesa di Bergamo, la casa, o meglio le case, del vescovo, le sue componenti e le sue pertinenze diventano il pretesto per la riscoperta di realtà, non solo architettoniche ed artistiche, che rischiano di essere ignorate o lette in modo parcellizzato.
Questo punto di vista globalizzante non scende nella minuziosa analisi di ogni elemento, ma cerca di restituire l'unitarietà originaria. La pubblicazione vuol essere una prima ricognizione di una storia che dal V secolo giunge ai nostri giorni.
Esposizione permanente
Un'occasione per poter visitare il matroneo romanico e per ammirare preziose testimonianze artistiche e di fede. E' esposta una selezione delle opere più rappresentative dell'oreficeria sacra e dei paramenti finora custoditi nelle sacrestie della Basilica.
Conosciamo insieme il Parco dei Colli di Bergamo. Un luogo da vivere e amare
Incontro "AGRICOLTURA NEL PARCO TRA PASSATO E FUTURO"
a cura di Pasquale Bergamelli - Responsabile Settore del Verde del Parco Regionale dei Colli di Bergamo
Giovedì 14 settembre ore 20.45
presso la sede del Parco ex-Monastero di Valmarina, Via Valmarina, 25, Bergamo
a cura del Conservatorio G. Donizetti di Bergamo
22 giugno 2017 dalle 19.30 alle 20.30 - Aperitivo musicale
25 giugno 2017 dalle 11.00 alle 12.00 - Matinée musicale
6 luglio 2017 dalle 19.30 alle 20.30 - Aperitivo musicale
09 luglio 2017 dalle 11.00 alle 12.00 - Matinée musicale
20 luglio 2017 dalle 19.30 alle 20.30 - Aperitivo musicale
23 luglio 2017 dalle 11.00 alle 12.00 - Matinée musicale
7 settembre 2017 dalle 19.30 alle 20.30 - Aperitivo musicale
10 settembre 2017 dalle 11.00 alle 12.00 - Matinée musicale
21 settembre 2017 dalle 19.30 alle 20.30 - Aperitivo musicale
11 GIUGNO - 8 LUGLIO - 16 LUGLIO
Via Arena, 9 - Bergamo
ENSEMBLE D'ARCHI
del Conservatorio G. Donizetti
8 luglio 2017 - Ore 16.30
via Pignolo, 76 - Bergamo
ACHЯOME ensemble
Antonella Bini, flauto - Marco Sorge, clarinetto
Yoko Morimyo, violino - Emanuele Rigamonti, violoncello
16 luglio 2017 - Ore 16.30
Via Pignolo, 84 - Bergamo
Flauto e Chitarra
Carla Savoldi - Dania Carissimi
Un'occasione unica di ammirare da vicino la grande tela, prima che sia ricollocata sulla parete meridionale del transetto della Basilica
Nel 2015, anniversario dei 750 anni di fondazione della Congregazione della Misericordia Maggiore, per festeggiare al meglio la ricorrenza si decise di restaurare la grande tela raffigurante Il diluvio universale che “Il Cav. Pietro Liberi pittore a Venezia” fece nel 1661, su commissione della Congregazione, per la Basilica di Santa Maria Maggiore. Dopo circa due anni, si restituisce alla città un capolavoro ancora poco conosciuto e un punto di riferimento importante dell’intera opera pittorica di Pietro Liberi. Un restauro impegnativo (il telero è di 34 metri quadrati di superficie per circa 4,5 quintali di peso) affidato a Antonio Zaccaria. Per la rimozione (ostacolata dall’imponente bussola lignea) dalla parete meridionale del transetto della Basilica si è dovuto mettere a punto un progetto specifico e particolarmente elaborato che ha permesso di calare il manufatto grazie a un sistema di funi e tiranti. L’operazione di pulitura ha permesso di rimuovere dalla superficie pittorica spessi depositi di pulviscolo atmosferico e di vernice protettiva ormai notevolmente alterata e ingiallita e ha restituito i toni cromatici e i timbri chiaroscurali originali ma soprattutto la vertiginosa profondità che Liberi aveva magistralmente creato. Si restituisce un capolavoro, ma, soprattutto, si “risarcisce” idealmente il pittore che ebbe con Bergamo un rapporto davvero “burrascoso”.
La storia. La chiamata a Bergamo di Pietro Liberi (Padova 1605- Venezia 1687) pittore di grande fama non solo a Venezia (nominato Cavaliere di San Marco nel 1653 e Reichsgraf, conte dell’impero, nel 1658, da Leopoldo I alla corte di Vienna) era chiara testimonianza del desiderio dei Fabbriceri di scritturare una personalità di primissimo piano e di sicuro talento. Tuttavia la “vicenda“ tra la MIA e il Liberi non fu così felice: il contratto tra il Consorzio e l’artista, stipulato l’8 settembre 1660, prevedeva che il pittore portasse a termine 16 dipinti, ma di questa grossa commessa un’unica opera fu realizzata: il diluvio universale, appunto, da piazzarsi, come fu, sulla porta laterale di mezzogiorno della Basilica. Ed ecco che alla consegna del quadro, avvenuta nel maggio dell’anno seguente, il malcontento prese i committenti che decisero di inviare al pittore una lettera di protesta in cui dichiararono che il quadro non corrispondeva «alle promesse da lei fatteci onde pretendiamo che lei lo riformi nella forma laudabile… et intanto doverà sospendere le altre opere».
Non è chiaro quali fossero le promesse disattese e quali le modifiche da apportare, ma pare più che evidente che, tra il pittore e la MIA, ci fosse un profondo divario di gusti e concezioni, visto che il 5 agosto dell’anno seguente anche il bozzetto del Giudizio universale fu giudicato «mancante in tutti i capi» e bocciato categoricamente. È legittimo pensare dunque che i Fabbriceri non fossero ancora in grado di apprezzare l’originalità di un artista cresciuto grazie al contatto con ambienti culturali molto lontano da Venezia, come Roma e Firenze, da cui aveva tratto elementi di grande originalità rispetto ai veneziani contemporanei. Non è azzardato affermare che al pennello esuberante e vitalistico di Liberi si deve il rinnovamento in chiave barocca dell’icono grafia sacra tra Venezia e Padova, ossia tra uno dei principali crocevia del mercato artistico internazionale.
Tra l’altro l’artista non era certo una personalità semplice, ne è testimonianza la sua vita avventurosa con soggiorni in Medio Oriente, Africa, Spagna, Centro Europa, nonché le “disavventure” (nel 1632 venne arrestato a Tunisi come spia) e i successi militari, soprattutto nelle campagne contro i Turchi. A ciò si aggiunga il suo legame con le nascenti accademie scientifiche che lo resero certo uno spirito libero con una notevole autonomia intellettuale.
L’opera. Nel Diluvio Universale, piacevole nella sua la ritmica orizzontale, si coglie appieno la complessa formazione dell’artista: dal gigantismo di matrice michelangiolesca, all’attenzione del tutto nuova per le contemporanee prove di Luca Giordano, pur senza dimenticare la tradizione veneta, in questo caso tintorettiana. Il dipinto racconta il celebre episodio del Diluvio Universale, tratto dal libro della Genesi (7; 8, 1-19), presentato, con una scelta insolita, nell’attimo in cui il vento costringe al ritiro i nembi minacciosi della tempesta per lasciare spazio al ritorno del mondo alla luce e alla vita. Nei corpi dei sopravvissuti, che hanno ormai raggiunto la terraferma, è evidente la grande robustezza di risalti plastici, la stessa che trasforma le nubi sollevantesi a fatica in un fumo denso e acre. Tutt’attorno, sorta di coprotagonista, una straordinaria apertura paesaggistica resa con una pennellata capricciosa e violenta, fatta di tocchi rapidi e di macchie ove la fluidità dell’impasto e “la tenerezza fiorita in cui il colore si scioglie“ (Pilo 1959) lega per via di qualità di materia le persone e gli elementi scenici.
PAURE LOCALI, RISPOSTE GLOBALI. IL CORAGGIO DI PROGETTARE IL FUTURO
Soprani: Ottavia Vegini, Chiharu Kubo, Olga Medyanik;
Contralti: Marta Fumagalli, Angela Hyun Jung Oh, Anna Janis, Ilaria Magrini;
Tenori: Giovanni Caccamo, Marcello Mazzetti, Livio Ticli;
Bassi: Alessandro Ravasio, Piermarco Viñas-Mazzoleni, Ezio Passerini;
Organista titolare: Roberto Mucci
Maestro di Cappella: Cristian Gentilini
Dal 31 agosto al 6 settembre, Light on Astino (light designer Domenico Egizi). L'evento esplora il tema della luce architetturale. Il progetto valorizzerà i profili delle facciate del chiostro.
Scritto da:
GIANMARCO DE ANGELIS, dottore di ricerca in Storia medievale presso l'Università di Torino, è visiting research Fellow al King's College London e docente di Esegesi delle fonti documentarie del Medioevo presso l'Università di Padova.
Iniziava nel 1107, quando un artigiano di nome Bonifacio acquistava un piccolo appezzamento nella ridente valletta ai piedi del colle di Sudorno per edificarvi il monasterium de Astino, un lungo e affascinante capitolo di storia. Storia di un ente religioso, fra i maggiori della congregazione di Vallombrosa; ma anche storia della città e del suo territorio. A dispetto del suo splendido isolamento, il Santo Sepolcro - è questo il nome che il monastero subito assunse, e dietro il quale risuonava inconfondibile l'eco della crociata in Terrasanta appena conclusa - fu per quasi sette secoli parte integrante della città vivente. Dopo tanta e tale vitalità, le vicende ultime - la commenda, la soppressione napoleonica, le improprie destinazioni successive - sembravano condannare il complesso monastico all'abbandono. Fino al 2007, quando la Fondazione MIA ne rilevò la proprietà e avviò i necessari restauri. Restituendo a Bergamo un gioiello dell'architettura monastica italiana e un pezzo importante della storia cittadina.